L’intervista/ La psicologa Scrocca “Lo stress da guerra crea nemici dentro al cervello”

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«Lo stress da guerra crea nemici nel proprio io». Non ha dubbi la psicologa Lucilla Scrocca, esperta di disturbi post-traumatici (Ptsd) anche militari e tenta di andare alla radice della strage scatenata dal marine Usa in Afghanistan. «Nella diagnosi di Ptsd – spiega – i sintomi sono sempre conseguenza di un evento critico anche se l’aver vissuto un’esperienza critica di per sé non genera automaticamente un disturbo post-traumatico».


Ma la strage in Afghanistan è un caso di combat stress?
«La diagnosi di Ptsd non è univoca né semplice ed è genericamente indicata come “la condizione di stress acuta che si manifesta in seguito all’esposizione a un evento traumatico”. Tra i fattori che lo determinano, ci sono le caratteristiche specifiche dell’evento che lo causa e il grado o la modalità di esposizione della vittima, le caratteristiche degli individui, in termini della loro storia medica, psichica e familiare, le modalità di intervento nel periodo post-trauma».

Quali sono i sintomi evidenti?
«Alcune vittime manifestano stati d’ansia e cattivi ricordi che si risolvono con un adeguato trattamento e con il tempo».

Ma si può verificare che lo stress da guerra perduri nel tempo?
«All’estremo opposto, invece, ci sono individui nei quali l’evento traumatico causa effetti negativi a lungo termine, come testimoniano numerose ricerche sugli individui esposti a violenza, tortura, maltrattamenti»

Donne e bambini, le vittime della strage. È mai possibile che un marine confonda fino a questo a punto i nemici da abbattere?
«Sentiamo parlare spesso di questi conflitti come scenari di guerra differenti, dove non c’è un fronte, dove è difficile dire chi sia amico e chi no. Alcuni soldati tornati a casa dicono di essere stati in allerta per tutti i 12 mesi di missione, e ciò crea di per sé un elevato senso di vigilanza. Le persone vivono in uno stato che possiamo definire di “sottovuoto” dal momento in cui posano piede a terra, un senso di inquietudine».

Non tutte le guerre sono uguali.
«Certo. Se solo pensiamo all’evoluzione storica dei teatri bellici. E questi sono certamente diversi dalla Seconda e dalla Prima guerra mondiale, ad esempio».

Perchè?
«C’era una linea del fronte. Oggi non c’è mai una zona realmente sicura».

Che incidenza ha sulla psiche di un militare?
«Le persone diventano ansiose perché non riescono a esaminare efficacemente l’ambiente circostante, non si sentono al sicuro. È come se il cervello stesse esaminando una potenziale minaccia nell’ambiente circostante».

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