L’inchiesta sulla morte del militare all’altare della patria
«SOFFRIVA PER LA SUA STORIA SENTIMENTALE»
«Il marinaio si è ucciso perché depresso»
Ma il fratello: «No, indagate sui soprusi in caserma». Il collega di guardia: «Chiese se i proiettili sparavano». “Ma in caserma aveva gia’ avuto noie con i piu’ anziani”
Roma, l’ inchiesta sulla morte del militare all’ Altare della Patria. «Soffriva per la sua storia sentimentale» «Il marinaio si è ucciso perché depresso» Ma il fratello: «No, indagate sui soprusi in caserma». Il collega di guardia: «Chiese se i proiettili sparavano» ROMA – «Era depresso per la sua storia contrastata d’ amore». «No, indagate piuttosto sulle sopraffazioni e sui soprusi del nonnismo». Sulla morte di Nicola Farfaglia, il marinaio suicida all’ Altare della Patria, restano ancora molti dubbi: l’ unica certezza, tra le accuse formulate dai familiari e l’ autodifesa dei comandi militari, l’ ha fornita l’ autopsia, confermando che il marinaio si è suicidato. L’ esame ha evidenziato una profonda lesione sotto il mento con la caratteristica bruciatura provocata dal contatto col fucile utilizzato. Venerdì il corpo del giovane verrà tumulato con funerali di Stato a Vibo Valentia. Continuano intanto gli accertamenti promossi delle inchieste in corso. Da quelli ordinati dal procuratore militare Antonino Intelisano non è emerso nulla che possa sostanziare la pista del «nonnismo». Anche per l’ inchiesta militare, così come per quella penale affidata a Pellegrino Capaldo, l’ ipotesi prevalente resta quella della delusione amorosa. Questo il succo del rapporto di 500 pagine consegnato dai carabinieri alla magistratura. Oggi in Procura un vertice deciderà le prossime mosse, compresa quella su come e quando sentire la ragazza greca legata al suicida. Tra i testi particolare importanza assumono i militari di leva amici del giovane, che hanno riferito il suo grave stato di depressione. «Fate piena luce», invoca l’ avvocato di famiglia, Pietro Nocita. E il fratello del giovane rincara la dose: «Nicola aveva paura che il branco lo stritolasse». «Mi sento di escludere che la molla del suicidio possa essere stata il nonnismo», ha risposto ieri l’ ammiraglio Umberto Guarnieri, capo di Stato Maggiore della Marina Militare. Il ministro della Difesa Sergio Mattarella ha intanto annunciato l’ intenzione di promuovere «il riesame delle regole sull’ utilizzo dei militari di leva nei servizi armati». Il senatore De Luca ha invece protestato per le condizioni in cui versa la foresteria dell’ Altare della Patria: «E’ un tugurio, sporco, privo di servizi igienici e freddo». P. Br. LE TESTIMONIANZE «Ma in caserma aveva già avuto noie con i più anziani» ROMA – «Ma questi proiettili sparano sul serio? Sono veri? E per metterli in canna cosa bisogna fare? Prima si scarrella e poi si spinge l’ otturatore?». Il giovane marinaio che era di servizio nella notte in cui Nicola Farfaglia si è sparato in testa un colpo di Beretta AR70 accanto al sacello del Milite Ignoto non dimenticherà più queste domande angosciate uscite quella sera dalla bocca del futuro suicida. Lì per lì non ci aveva dato peso. Ieri ha voluto ricordarle al senatore verde Athos De Luca che era in visita alla caserma «Angelo Paolucci» della Marina Militare, dove era di stanza la giovane vittima. Atmosfera pesante, ieri pomeriggio, nella struttura militare sulla Cassia che ospita 800 marinai, compreso il gruppo scelto del Soc, il «Servizio onori della Capitale», i 143 marinai scelti di cui faceva parte Farfaglia. A sera i marinai hanno avuto un commosso incontro con i familiari di Farfaglia. «Era depresso da parecchi giorni – rivela il suo amico più stretto di naia, Francesco Barcellona -. Era per la ragazza, Nicoletta, una studentessa greca di lettere da poco trasferita all’ Aquila. La madre di lei si opponeva al loro rapporto. Domenica sera me ne aveva parlato a lungo. Ma Nicola si sentiva pesce fuor d’ acqua anche in caserma. Aveva 23 anni, gli altri di leva in genere sono sui 19, 20». A dargli fastidio erano soprattutto gli «L3», gli anziani che firmano per tre anni. «Tempo fa aveva litigato con uno di loro», ammette un guardiamarina. «Ma sembrava acqua passata…». «E invece l’ altra sera è arrivato al servizio di guardia al Milite Ignoto senza portarsi dietro neanche una sacca – ha ricordato il responsabile del turno di guardia, il secondo capo Carrozzo -. Era preoccupato perché c’ era solo lui del IX contingente. Gli altri erano tutti del VII. Era la terza volta che faceva la guardia al Milite Ignoto». La brandina in cui Farfaglia ha trascorso le sue ultime notti è al terzo piano, in una camerata da otto posti, la 317. Sulla paratia del letto a castello un pennarello ha lasciato una minaccia. «Reclute, impazzite – ordina -. Un giorno capirete perché». Un’ altra scritta ce l’ ha con gli «imboscati». Cose da caserma, che suonano lugubri dopo un suicidio che secondo il fratello della vittima nasconde un clima di soprusi e sopraffazioni. «Temo che gli anziani mi facciano scoppiare. Sono solo contro il branco»: queste, secondo Giovanni Farfaglia, sarebbero le ultime parole pronunciate da suo fratello domenica sera. Il comandante della caserma, Vincenzo Rutigliano, nega l’ esistenza di un branco. L’ unico precedente di «nonnismo», riferisce l’ ufficiale, risale a 18 mesi fa. «Nel refettorio del Quirinale un marinaio sedendosi aveva detto: “Sono un nonno e voglio le vostre brioche”. L’ abbiamo subito trasferito e denunciato». Paolo Brogi
Brogi Paolo
Pagina 19
(20 gennaio 2000) – Corriere della Sera