Anginofobia, la paura di soffocare

Anginofobia la paura di morire soffocati

Anginofobia, la paura di soffocare

Hai il terrore di strozzarti? Di morire soffocato/a mentre mangi? Mastichi, più e più volte, prima di buttare giù il boccone? Selezioni scrupolosamente i cibi? Te ne stai chiuso/a in casa e rinunci alle cene con gli amici?

 Non sei folle!!!! soffri di anginofobia, la paura irrazionale di soffocare … e puoi guarire.

Che cos’è l’anginofobia? E’ la paura irrazionale, di morire soffocati da qualcosa che vada di traverso, come cibo, pillole e addirittura liquidi e saliva.

La paura non è relativa tanto allo stimolo in sé del deglutire, quanto piuttosto al terrore delle conseguenze date dal farlo.

Target

Colpiti da anginofobia, sono sia bambini che adulti, con maggioranza di questi ultimi. Uomini e donne senza distinzione (sebbene la percentuale delle donne superi quella degli uomini).

I primi sintomi di solito si manifestano nella fanciullezza o nella prima adolescenza e possono manifestarsi in un’età più giovane per le donne rispetto agli uomini.

Anginofobia la paura di soffocare:

come nasce?

Le persone che soffrono di questo disturbo, in genere hanno sperimentato in prima persona brevi esperienze traumatiche di soffocamento durante i pasti o semplicemente è capitato loro di osservare persone esposte al trauma.

  • Tale prima esperienza da luogo, come sa bene chi ne soffre, a una complessa sintomatologia post traumatica (ansia, evitamento, incubi notturni in cui la persona rivive il trauma o l’esperienza temuta, depressione, isolamento sociale, perdita di peso, senso d’incapacità).
  • Da quel primo episodio fatale, ecco che nella persona, vanno a innescarsi a livello cognitivo, emotivo e comportamentale, tutta una serie di reazioni e di tentate soluzioni, che anziché alleviare e risolvere il problema, va ad alimentarlo, dando luogo a un circolo vizioso disfunzionale e patologico.

Il quadro sintomatologico si caratterizza per la presenza di:

  • Pensiero frequente “ora mi soffoco”. Si è ossessionati da tutto ciò che di più terribile potrebbe succedere durante i pasti.
  • Vissuti di ansia anticipatoria e al momento dei pasti. Ansia che spesso evolve in veri e proprie forme di attacchi di panico.
  • Comportamenti di evitamento, quali tentate soluzioni.

 Evitamento del cibo nemico:

Con le migliori intenzioni la persona, pur di non rinunciare ad alimentarsi, cerca di rendere il momento del pasto il meno sofferente possibile, inizia così a eliminare dalla propria dieta cibi ritenuti pericolosi (carne, salumi, pasta, verdure).

I comportamenti evitanti, sempre presenti nell’anginofobia, impediscono a chi ne soffre di non confermare le proprie ipotesi (se mangio un pezzo di pane, soffocherò, se ingoio una pasticca, soffocherò ecc.) e quindi, permangono nel tempo e a lungo andare contribuiscono non solo a far persistere ma a fare aggravare i sintomi.

In che modo?

La reazione di evitamento, deriva da una credenza disfunzionale del soggetto, in questo caso, la pericolosità che egli attribuisce a uno specifico alimento o a una situazione, per cui:

  • Ogni qualvolta che, eviterò di mangiare un cibo perché ritenuto pericoloso, non farò altro che andare ad agire su questa credenza, rendendola vera e rinforzandola.
  • Più eviterò di mangiare qualcosa, più confermerò a me stesso la pericolosità del cibo evitato e più avrò la convinzione che quel cibo sia pericoloso e quindi da evitare.

Così facendo aumenteranno le mie paure, la mia ansia e come in un’escalation, andrò a restringere sempre di più la mia alimentazione fino al punto in cui non sarò più in grado di concedermi cibi che prima, pur con tanta sofferenza e difficoltà riuscivo a mangiare.

Ecco che la persona che soffre di anginofobia si ritroverà, pur mosso dalle sue migliori intenzioni, a essere in grado di poter mangiare esclusivamente alimenti ben selezionati e facilmente deglutibili come: omogeneizzati, passati di verdure e liquidi, fino al momento in cui anche il semplice deglutire, acqua e succhi di frutta, diventerà difficile se non impossibile.

Evitamento di situazioni sociali:

L’anginofobia è una vera e propria patologia che va a invalidare il normale svolgimento della vita sociale, relazionale e lavorativa di una persona.

I soggetti che ne sono afflitti, vivono un vero e proprio dramma quotidiano, in particolare al momento dei pasti:

“Mangiare per la strada, in compagnia di amici o con i colleghi di lavoro durante la pausa pranzo, può diventare un problema serio.  Avere l’ansia di avere un bicchiere d’acqua sempre a disposizione e bere frequentemente per deglutire, può essere imbarazzante”.

Come tentata soluzione a questo dramma, la persona inizia a evitare tutte quelle situazioni temute, in quanto possibili fonti di disagio e di ansia.

Tali comportamenti di evitamento procurano, di fatto, un immediato senso di sollievo e di benessere, al quale subentra

tuttavia, un forte e costante senso d’incapacità, frustrazione e di umiliazione.

L’effetto dell’evitamento in questo caso è, infatti, quello di confermare la credenza della persona di non essere in grado di affrontare certe situazioni, confermandone dunque la pericolosità e preparando in tal modo, l’evitamento successivo.

Ne consegue un graduale isolamento sociale, che conduce senza via di scampo a forme di depressione gravi.

L’anginofobia frequentemente si associa all’agorafobia, al disturbo ansioso generalizzato, alla fobia sociale, alla depressione o al disturbo oppositivo.

Anginofobia, la paura di soffocare

Trattamento:

Una volta escluse cause di competenza strettamente medica (in questi soggetti spesso è erroneamente diagnosticata una disfagia, cioè un disturbo della deglutizione o un’iperiflessia faringea) il trattamento di elezione è la psicoterapia.

Un approccio che si è dimostrato valido nel trattamento dell’anginofobia e nelle fobie in generale è la Psicoterapia Breve Strategica.

Tale approccio parte dal presupposto che ciò che determina la costituzione della forte sintomatologia fobica non è

l’evento iniziale, ma ciò che il soggetto mette in atto per evitare la paura, ossia le tentate soluzioni escogitate dalla

persona nel tentativo di sfuggire allo scatenarsi delle reazioni emotive e somatiche proprie della paura.

Questo induce al costituirsi della paura a un livello superiore di gravità.

Per rompere il sistema percettivo-reattivo patogeno, il terapeuta ricorre a suggestivi stratagemmi, costruiti ad hoc, che

portano la persona a fare concrete esperienze di superamento del problema senza che questi ne sia consapevole.

La consapevolezza arriverà infatti ad esperienza fatta, quando il soggetto non potrà fare altro che prendere atto d’aver

fatto esattamente ciò che aveva ritenuto impossibile fare fino a quel momento.

Considerati i tre livelli della terapia, ossia:

  • la strategia utilizzata;
  • l’interazione comunicativa;
  • la relazione paziente-terapeuta, nei pazienti fobici.

Possiamo considerare praticamente irrilevante quest’ultima (decisamente importante in altri tipi di disturbo) sottolineando al contrario quanto sia fondamentale la strategia utilizzata e la modalità comunicativa con cui questa viene espressa.

Ciò di cui hanno bisogno i pazienti fobici, è infatti un “tecnico specializzato” in grado di “cavalcare” la loro paura e che, con manovre velate, indirette e cariche di suggestione, li possa condurre a cambiare senza rendersene conto.

Il primo passo terapeutico è, per questo motivo, quello dell’antica saggezza cinese di “solcare il mare all’insaputa del cielo” (Anonimo, 1990), ossia di spostare l’attenzione del soggetto in maniera tale da portarlo, a sua “insaputa”, a superare l’ostacolo vissuto come insormontabile e, di conseguenza, ad aprire la strada a diverse forme di rappresentazione della realtà e a nuove modalità comportamentali.

Con questo tipo di terapia, solitamente lo sblocco avviene già entro le prime cinque sedute. La remissione completa della sintomatologia avviene entro il decimo incontro.

Non si tratta di un percorso semplice: costanza, determinazione e volontà di voler uscire dal problema, sono condizioni irrinunciabili al fine di un esito positivo.

Pubblicato da: dott.ssa Lucilla Scrocca il 21 Maggio 2010  su: benessere4u.it


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Bibliografia:

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